Una volta c’erano i testimonial. Volti noti, laccati, che ti guardavano dallo schermo e dicevano: “Uso questo prodotto. È fantastico.”
E tu ci credevi pure.
Poi sono arrivati gli influencer: meno famosi, più accessibili, più “veri”. O almeno così sembrava.
Oggi? Oggi siamo al punto che pure tua zia, se le regali una crema viso, ti dice “ok, ma mi tagghi?”.
Nel frattempo, le aziende continuano a cercare “facce” da usare. Magari anche gratis. Basta che funzionino.
Ma funzionano davvero?
Non più come prima.
Il pubblico si è svegliato.
Ha capito che dietro a quel “adoro questo prodotto” c’è spesso una mail con oggetto “collaborazione commerciale” e un bonifico allegato.
E allora si fida di meno.
Anzi: si annoia. Scorre via.
Oggi, a funzionare, è chi ci mette davvero la faccia. Quella vera, senza filtri Paris, senza “buongiornissimo” sponsorizzati.
Funziona il panettiere che ti spiega perché usa una farina anziché un’altra.
Funziona l’estetista che racconta come ha imparato a fare quello che fa.
Funziona il ristoratore che mostra la fatica dietro un piatto bello solo per 10 secondi in foto.
E sai perché funzionano?
Perché sono credibili. Perché non stanno recitando. Perché non sembrano usciti da un casting.
Il punto è questo:
🎯 Se hai un’attività, il miglior testimonial sei tu.
Non hai bisogno di fingere. Hai bisogno di comunicare. Meglio se con una strategia. Meglio se con onestà.
E se proprio vuoi coinvolgere qualcun altro, scegli chi ci crede davvero in ciò che fai. Non chi lo fa per sport o per collezionare omaggi.
In sintesi:
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I testimonial famosi sono roba da TV anni ’90 (Tranne Mastrota, lui è patrimonio nazionale e ci vende le pentole anche da Marte).
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Gli influencer “per finta” hanno stancato.
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La fiducia si costruisce con coerenza, voce propria e un pizzico di autoironia.
Non ti serve diventare famoso. Ti serve diventare interessante per chi ti deve scegliere.
E questo, credimi, non lo fanno i follower.